di Miryam Macrina
In un sistema democratico, che equipara il bianco con il nero, e l’ateo con il cristiano, ho un appunto da evidenziare sulla cosiddetta “meritocrazia“. Un tale, Giovanni Soriano la definì come “sistema sociale in cui la distribuzione di riconoscimenti e compensi è commisurata al valore della raccomandazione di ognuno“. Ebbene sì. Un suddetto prospetto viene a inquadrarsi nell’ambito scolastico a livelli a dir poco spropositati.
Nella nostra realtà, in particolare nel nostro comprensorio, tale concetto è ampiamente incentrato sulla scuola privata, o ancor meglio definita come “paritaria”. Mi urge, con gran dispiacere, mirare il mio messaggio alla Scuola paritaria, la quale è stata spesso fulcro di dissidi e dissapori a livello meritocratico. A tal proposito l’art 33 Cost recita: “La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali”. E l’art 34 a seguire “I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”.
Ma è effettivamente così? Stilando un piccolo percorso, comunicando con studenti e parentela annessa, ciò che maggiormente risalta è che quel tanto amato principio chiamato “uguaglianza“, pare non sia ben recepito dall’apparato scolastico in questione, almeno a mio avviso. Esser umile, dedito allo studio, nutrire rispetto ed educazione nei confronti del superiore non ripaga. Tutt’altro. La radice del motivo? Beh, il tutto è a dir poco ignoto. Forse la brama di far risaltare determinati voti, ottenuti con favoritismi e protezioni d’ogni ordine e grado, forse per non dimostrare che, il privilegiare troppi studenti con giudizi effettivamente prominenti farebbe decadere il prestigio della scuola? Troppe domande, alcuna risposta.
In questi ipotetici casi, la penalizzazione ricade sul debole, su colui che, studiando e dedicandosi con sacrifici al proprio percorso scolastico, avrebbe dovuto ottenere ciò che realmente meritava. Carandini scrisse: “La scuola ha due doveri, uno orizzontale e uno verticale: educare tutti e promuovere i meritevoli. Al posto della raccomandazione, spesso legata al sangue, mettiamo lo studio, perché solo così i bravi possano salire, qual che sia la loro estrazione sociale”. Dal combinato disposto degli art 33 e 34 Cost e dall’articolo 3 Cost, viene posto un punto sulla pari dignità sociale anche in ambito scolastico, tutelata senza alcuna discriminazione né indugio.
La cara Scuola paritaria, però, dovrebbe porre come pilastro indiscusso i principi morali e i doveri di istituzione, applicando giudizi positivi a chi ha sudato ogni piccolo passo verso la maturità, utilizzando criteri consoni nelle valutazioni, sopprimendo ogni situazione di disagio e di poca serenità.
Il mio, alquanto generale e personale pensiero, è un appello accorato alle nuove generazioni, e in particolare a coloro che sono prossimi ad un’iscrizione Superiore: il mio consiglio pressoché parziale e soggettivo, è il prediligere sempre la scuola pubblica, in quanto si è realmente premiati per ciò che si vale, giudicati per quanto è il proprio merito; non lasciatevi incantare da chi vanta un falso prestigio solo perché crede di inculcare i sani principi quali il rispetto reciproco,l’amor verso il prossimo, l’onestà e il giudizio obiettivo.
Dunque, che la Scuola paritaria abbia l’umiltà di scendere dal piedistallo su cui aleggia perché, come sentenziò Hessen: “La scuola non deve limitarsi all’istruzione, ma deve appoggiarsi su due colonne, il lavoro intellettuale e il giuoco educativo”. Concludo con l’art 21 Cost, il quale sancisce: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Dictum sapienti sat est.
(Venerdì, 19 luglio 2013)