Abbiamo assistito, in questi giorni, alla penosa vicenda della processione di Sant'Onofrio, prima commissariata dalla Prefettura di Vibo Valentia, poi annullata dal Vescovo di Mileto, Mons. Luigi Renzo. E'  notorio che, soprattutto in alcune zone del Meridione, le processioni religiose sono una ghiotta occasione per le mafie per esibire il loro potere, incunearsi tra la gente, incrementare il loro consenso popolare. Ed è proprio questo il problema: le mafie godono di un grande consenso popolare, un consenso che le rende potenti. Nonostante arresti, sequestri, confische, rinascono sempre come l'araba fenice, con nuovi adepti, controllano il territorio, seminano ingiustizia, paura e morte, proprio perchè il loro potere è dato dal consenso. Sarebbe forse opportuno che la Chiesa facesse una riflessione definitiva sulla questione delle processioni e delle feste patronali. Alla Chiesa non deve interessare il consenso, se a Gesù fosse interessato il consenso non si sarebbe fatto crocifiggere. La Chiesa deve avere il coraggio di essere anche "minoranza", di rifuggire da quelle forme di chiesa trionfante simboleggiate, per esempio, dai palazzi apostoloci o dallo Ior. Le statue, le processioni, ed è inutile giustificarsi con sofisticate analisi antropologiche, non aggiungono niente alla fede, forse alla "religione" si, ma alla fede no. La fede si nutre esclusivamente della Parola e dell'Eucarestia, di nient'altro. Prima di essere commissariate dalle Prefetture, i Vescovi del Sud dovrebbero disporre, anche per non lasciare da soli quei parroci che resistono alla prepotenza mafiosa, la moratoria di ogni processione, di ogni festa patronale, di ogni statua. Questa sarebbe davvero un'azione dirompente. Papa Francesco, nell'esortazione Evangelii Gaudium, al numero 70, dice: "E' anche vero che a volte l'accento più che sull'impulso della pietà cristiana, si pone su forme esteriori di tradizioni di alcuni gruppi, o in ipotetiche rivelazioni private che si assolutizzano. Esiste un certo cristianesimo fatto di devozioni, proprio di un mondo individuale e sentimentale di vivere la fede, che in realtà non corrisponde ad un'autentica pietà popolare. Alcuni promuovono queste espressioni senza preoccuparsi della promozione sociale e della formazione dei fedeli, e in certi casi lo fanno per ottenere benefici economici o qualche potere sugli altri".

(Mercoledì, 23 aprile 2014)

La legge 40 sulla fecondazione assistita è un insieme di norme barbare e crudeli. Per fortuna, la Corte Costituzionale la sta demolendo pezzo per pezzo. Il cardinale Ruini dice che "Non può esistere un diritto al figlio...". Allora, lui non dovrebbe avere il diritto di dire delle stupidaggini senza fondamento o comportarsi come ha fatto durante le vicende di Manuela Englaro e Piergiorgio Welby, al quale ha addirittura negato le esequie religiose. Gli consiglierei di rileggersi Luca 11, 42-46, a proposito dei dottori della legge che caricano gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi loro non li toccano nemmeno con un dito!

(Venerdì, 11 aprile 2014)

Aderisci alla Campagna internazionale per il Diritto alla Pace.
Dalla Grande Guerra alla Grande Pace.
Dallo ius ad bellum allo ius ad pacem.

A cento anni dallo scoppio della prima guerra mondiale, le Nazioni Unite hanno avviato le procedure per riconoscere la Pace quale diritto fondamentale della persona e dei popoli. Si tratta di una straordinaria opportunità per spingere gli stati a promuovere il disarmo, chiudere i tanti conflitti in corso e affrontare seriamente i numerosi problemi politici e sociali che ancora oggi costringono miliardi di persone a soffrire le terribili conseguenze della mancanza di pace a partire dal Mediterraneo, dal Medio Oriente e dall’Africa.

Per l’affermazione concreta del diritto alla pace è intervenuto anche Papa Francesco che nel Messaggio per la pace del 1 gennaio scorso ha scritto: “Mi auguro che si possa giungere all’effettiva applicazione nel diritto internazionale del diritto alla pace, quale diritto umano fondamentale, pre-condizione necessaria per l’esercizio di tutti gli altri diritti.”

Per l’affermazione del diritto alla pace devono mobilitarsi tutte le persone di buona volontà, le associazioni, gli Enti locali e le Regioni che in Italia, per primi al mondo, a partire dagli anni ’80 hanno inserito in migliaia di statuti e di leggi l’esplicito riconoscimento del diritto alla pace come diritto della persona e dei popoli.

La campagna è promossa dal Centro Diritti Umani dell’Università di Padova, dai Francescani del Sacro Convento di San Francesco Assisi, dal Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani e dalla Rete della PerugiAssisi.

Con questo spirito, Le rinnovo l’invito ad aderire all’appello e a sostenere l’iniziativa nei modi e nelle forme che riterrà opportune.

Nella speranza di ricevere un segno del suo interesse, Le invio i più cordiali saluti.

Per il comitato promotore
Flavio Lotti

Perugia, 3 marzo 2014

SCARICA Appello: Appello campagna Diritto alla pace

Per adesioni e informazioni: Campagna internazionale per il riconoscimento del Diritto alla Pace, via della viola 1 (06122) Perugia, Tel. 335.6590356 – 075/5736890 – fax 075/5739337 email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.www.perlapace.it

(Venerdì, 28 marzo 2014)

Abbiamo ancora, tutti noi, davanti agli occhi le immagini dello stadio di Johannesburg. i grandi della terra a commmemorare un grande della Storia. Un uomo grande e un grande uomo. Come lui, anche altri si sono battuti per l'uguaglianza dei diritti in un mondo che per forza, frammentandoci, ci vuole diseguali. L’attualità dell’insegnamento e dell’opera di Martin Luther King, di Nelson Mandela e di altri non è solo nella strenua lotta contro le discriminazioni razziali. No; è pure nell'aver lottato con tutte le energie contro il principio dell’ “eguali ma separati”. Principio che ha rappresentato un tentativo di giustificazione della segregazione su base etnica.Non ci possono essere libertà e democrazia senza convivenza, gli uni accanto agli altri, degli individui con diverso colore della pelle e di diversa provenienza. A iniziare dalla scuola. E qui si scorge la risonanza, persino emotiva, con recenti vicende, che si sono presentate anche in Italia.La logica del ghetto o dell’enclave compromette qualsiasi tentativo di dare sostanza all'astratta proclamazione dell’uguaglianza fra gli esseri umani. Solo il quotidiano confronto dei diversi negli stessi luoghi, a stretto contatto, consente alla nostra civiltà di maturare. Già, le differenze; né King né Mandela pensavano di negarle,proponendosi anzi di valorizzarle, facendone una ricchezza per tutti. Non è necessariamente per il “crogiolo” che passa la strada dell’emancipazione e della liberazione dei singoli e dei gruppi.Piuttosto bisognerebbe tendere a una sorta di coro o di orchestra sociale. Ciascuno suona il proprio strumento e usa la sua voce, il più possibile, però, in armonia con gli altri. Offrendo al maggior numero di persone le chance e le opportunità per migliorare la propria situazione e per promuovere le proprie capacità. Facendo in modo, cioè, che il ventaglio delle opzioni e delle scelte non sia determinato soprattutto dal villaggio o dalla famiglia di provenienza.E oggi dal Sudafrica, pure attraversato da mille tensioni e contraddizioni, ci viene una lezione di democrazia – sì, di democrazia – dai milioni di cittadini raccolti in preghiera nelle sinagoghe,nelle chiese delle varie denominazioni cristiane, nelle moschee ecc.

(Gaetano Rocca)

(Domenica, 15 dicembre 2013)

Certo, non si può essere d'accordo con Lei per le devastanti politiche economiche di austerità che ha imposto ai Paesi del Sud Europa e in particolar modo alla Grecia, ma queste parole pronunciate da Angela Merkel il 20 agosto, durante la visita a Dachau, proprio per la nazione che rappresenta, sono assolutamente da condividere e rappresentano un monito per ognuno di noi.
"PER tutti noi, il memoriale del campo di sterminio nazionalsocialista di Dachau è legato al ricordo di un capitolo orrendo, disumano e senza uguali della Storia tedesca.
Ma voi superstiti qui presenti oggi, al contrario di me nata nel ’54, allora avete dovuto sperimentare e vivere l’orrore di persona, sulla vostra pelle. Per voi, espropri e persecuzione, deportazione, fame e malattie, terrore e violenza fino all’assassinio di massa, tutto ciò fu allora per voi un’orrida amara realtà.
Per me è un momento molto commovente, incontrarci qui, voi tutti superstiti e testimoni della memoria di quel crimine senza pari che fu commesso qui in questo paese, voi parenti delle vittime, incontrarvi proprio in questo luogo. Provo il desiderio di ringraziarvi dal profondo del cuore, per l’invito e soprattutto perché siete venuti. So bene quanta forza, energia, lotta col dolore del ricordo costi ogni anno di più tornare qui, dove voi o i vostri cari affrontaste tanta inenarrabile pena.
Un dolore così profondo dura una vita intera e oltre. E al tempo stesso resta vivo, legato al ricordo dei suoi testimoni di pietra. Per questo è importante tenere vivo ilconcetto di luoghi della memoria come questo, è il loro valore costitutivo. Perché luoghi della memoria come questo toccano non solo la comprensione razionale, bensì anche le emozioni delle visitatrici e dei visitatori che vi vengono. Così, quanto qui accadde torna nel presente, con tutta la sua carica di monito e memoria.
Le origini del campo di concentramento di Dachau risalgono a ottant’anni or sono. Allora, nel 1933, i nazionalsocialisti avevano preso il potere in Germania. Subito cominciarono a perseguitare ogni avversario politico: ebrei, sinti e rom, omosessuali, disabili. Subito cominciarono a costruire i lager, e tra i primi a funzionare per i loro disegni criminali fu Dachau.
Il nome stesso del luogo, Dachau, divenne tristemente famoso. Perché il lager di Dachau servì da modello per il sistema dei campi di concentramento e di sterminio, quel sistema su cui la macchina-Stato totalitario di persecuzione nazionalsocialista si fondò, fino al suo più orribile strappo e violazionedei valori costitutivi della civiltà umana, la Shoah.
Dachau fu l’unico lager che fu e rimase funzionante dall’inizio alla fine del regime nazionalsocialista. In tutto, oltre duecentomila prigionieri furono internati qui, e circa 41.500, solo qui a Dachau tra i sei milioni e oltre del totale delle vittime dei lager nazisti, trovarono la morte. Il 29 aprile 1945 i soldati americani dettero la libertà ai sopravvissuti.
Ricordiamolo, oggi e sempre: ogni prigioniero, qui nel lager di Dachau e in ogni altro lager nazista, aveva una sua storia personale, una storia e una vita che furono brutalmente interrotte e in milioni di casi eliminate, cancellate. Il ricordo di ognuno di questi milioni di destini, di vite spezzate, riempie me, Cancelliera federale, di tristezza e di vergogna.
Ma al tempo stesso, da luoghi della memoria come questo, il memoriale del lager di Dachau, viene a noi tutti un monito urgente e grave: come fu possibile, in Germania, che persone, esseri umani, a causa della loro origine, della loro religione, delle loro opinioni politiche o dei loro orientamenti sessuali, si videro negare e strappare per sempre brutalmente il diritto alla vita, e come fu possibile che la stragrande maggioranza dei tedeschi allora non scese in campo contro di ciò, non si oppose, bensì nella migliore delle ipotesi lasciò fare?
Luoghi come questo ammoniscono ciascuno di noi oggi a riflettere sul presente, ad aiutare e fare tutto il possibile perché ciò non accada più. Perché non accada più che l’indifferenza, il voltarsi dall’altra parte, o addirittura l’applauso consenta che esseri umani siano discriminati, maltrattati, repressi, perseguitati, fino a dover temere totalmente indifesi per la loro vita.
Ecco, questa è la responsabilità che resta e cresce per noi tedeschi, per quel che è accaduto allora, e questo è il motivo per cui è irrinunciabile tenere vive e aiutare come facciamo istituzioni e luoghi della memoria come questo, i luoghi che ci ricordano nella nostra vita quotidiana di oggi le vittime dei crimini della Germania nell’epoca del nazionalsocialismo. Noi lottiamo e dobbiamolottare decisi e determinati contro ogni forma di antisemitismo, razzismo ed estremismo di destra, e sosteniamo e dobbiamo sostenere decisi contro quelle sfide il coraggio civile e l’impegno volontario.
Ma non è finita, c’è un’altra cosa che per noi è dovere sapere e ricordare, a causa di quanto qui accadde: il ricordo, la memoria, devono essere tramandati di generazione in generazione, lo dico da Cancelliera federale. I giovani devono sapere e dovranno sapere sempre quali dolori e sofferenze furono arrecati al mondo dalla Germania. I giovani devono e dovranno imparare come lottare contro le tendenze estremiste. E anche loro, giovani di oggi, dovranno un giorno tramandare questa memoria e queste lezioni ai loro figli e ai loro nipoti.
Caro signor Mannheimer, lei sopravvissuto all’Olocausto oggi qui presente al mio fianco, lei dona a noi tutti la testimonianza e il ricordo dell’orrore del nazionalsocialismo. Lei si è sempre posto come compito, la cito, “dal buio più cupo della storia costruire ponti per riconciliarsi e avvicinarsi,per rafforzare la democrazia e combattere contro l’antisemitismo e il razzismo”.
Molti testimoni di quell’epoca e molti sopravvissuti hanno sempre agito così come lei invitò ad agire, e molti in età ben avanzata lo fanno ancora oggi. Io provo nell’emozione e nella ragione un sentimento di degno, forte rispetto e ammirazione per quanto testimoni e superstiti ancora fanno per noi, per rendere possibile che noi non dobbiamo provare oggi o domani l’orrore di allora. Da Cancelliera federale sono profondamente grata a tutti loro.
Per questo è per me un grande onore che voi testimoni e superstiti abbiate visitato il memoriale del lager di Dachau insieme a me. Vi ringrazio, perché so bene che questa vostra scelta è ben altro che una scelta ovvia. È un ponte dalla storia al presente, quello che noi vogliamo costruire insieme anche per il futuro."
(Discorso pronunciato il 20 agosto 2013 dalla Cancelliera federale nella sua storica visita al memoriale del lager nazista di Dachau)
(Giovedì, 22 agosto 2013)

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