(Versione integrale)
Dal Vangelo secondo Giovanni. 19, 23 - 24
"I soldati poi... presero le vesti di Gesù, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato – e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: «Non stracciamola, ma tiriamola a sorte a chi tocca». Così si compiva la Scrittura, che dice: “Si sono divisi tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte”... E i soldati fecero così."
Gesù è spogliato delle vesti. Anche quest’umana umiliazione deve subire. Ma quegli uomini non capiscono, non comprendono che quello che secondo i loro ragionamenti è un gesto di disprezzo, nel pensiero di Dio è il segno della regalità. Sì perché l’uomo è vero nella sua nudità, perché la nudità ne svela l’essenzialità. E quell’uomo rimasto nudo, ma rimasto Re, ha vinto la morte, ha sconfitto coloro che in quel gesto volevano dimostrare il loro potere vigliacco sull’indifeso, sul perseguitato, sul condannato.
Quanti uomini nudi ci sono oggi davanti ai nostri occhi? Uomini spogliati della loro dignità, del loro lavoro, dei loro sentimenti, della loro stessa umanità. E quanti altri uomini si giocano le loro vesti pensando di poterli dominare, di esserne superiori, di approfittare della loro debolezza?
Migranti, disoccupati, donne violentate e uccise, bambini violati nel corpo e nell’anima, rifugiati, torturati, vittime di ogni violenza e della guerra. Sono davanti a noi nella loro nudità che è la loro regalità, il loro rimanere comunque uomini davanti a Dio. Ma per comprenderli è necessario a nostra volta spogliarci delle nostre “vesti”, tornare tutti a essere uomini senza orpelli, senza mania di dominio, nella nostra regalità. Abbandonare le sovrastrutture del nostro egoismo e vedere nell’altro non qualcuno di cui dobbiamo avere paura o piegare ai nostri interessi, ma un nostro compagno di viaggio.
La nudità regale di Gesù questo ci insegna: a rimanere nudi anche noi e perciò a essere veri uomini. Il Vangelo è tutto un cammino sulla nudità e sulla povertà che Gesù ha percorso fino a quella che, secondo la mentalità mondana, è l’umiliazione finale, ma quell’essere indifeso, esposto a qualsiasi violenza e a qualsiasi gesto di approfittamento, ha vinto per tutti noi e ci ha riscattato.
E’ questo ciò che ci dice la decima Stazione della Via Crucis, un messaggio che ci deve dare coraggio per l’esito finale, che deve dare coraggio alla Chiesa perché si spogli da tutto ciò che non serve, che non è essenziale, che è solo potere e dominio, perché torni a essere nuda.