Suicidarti a 14 anni perché gay, perché tutto il mondo intorno ti é ostile, puó sembrarti una liberazione. Ma dovremmo liberarci di un modo di pensare becero e macista, dovremmo liberarci dall'assolvere anche quelle battutine "innocenti" che peró nascondono una violenza terribile. Dovremmo liberarci della nostra ipocrita "normalitá".
Abbiamo un concetto strano della normalità. Che significa essere normale? Il bello dell'umanità è l'essere diversi l'uno dall'altro, è proprio questa diversità che ci rende uomini veri. San Paolo lo aveva già detto: "Voi tutti infatti siete figli di Dio… Non c’è più Giudeo né Greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Gal 3,27-28). Il guaio è che ci culliamo nella nostra ipocrita "normalità" e trascuriamo, a partire dalle parole, il rispetto verso ogni uomo che ci è prossimo aldilà della sua condizione fisica, sociale, culturale, politica. Le parole sono importanti e forse abbiamo perso il "gusto" di usarle bene. In questi anni il linguaggio, il lessico ha subito un imbarbarimento. Forse è giunto il momento di rendercene conto e di cambiare il nostro modo di parlare. L'essere umano è il valore assoluto. Purtroppo, talvolta, la nostra è una sensibilità "egoistica". Se autentica, la sensibilità deve riguardare l'essere umano in quanto tale e nella sua piena integralità, non si può essere sensibili a compartimenti stagni, solo riguardo alla propria condizione, per cui se sono un migrante me ne frego delle persone con disabilità, se sono persona con disabilità me ne frego dei migranti e così via....Invece, l'uomo dovrebbe interessarci tutto. Nessuno di noi ha scelto di nascere in Calabria, piuttosto che a Londra o nel più sperduto villaggio africano, nessuno di noi si sceglie le malattie, nessuno di noi sceglie se essere gay, lesbica o etero, ma ognuno di noi può scegliere se amare o non amare, se rassegnarsi o sperare.
Gay, vivere così è solo dolore. Non vi stupite di quella morte
(Martedì, 13 agosto 2013)