Ormai da qualche tempo nel nostro Paese i migranti sono considerati una minaccia, per noi, per la nostra sicurezza, per la nostra identità di popolo, per il nostro benessere, come se fossero venuti a portarci via qualcosa.
Questa che stiamo vivendo è una stagione livida, crudele, intollerante e piena di conflitti perché esclude dall'ordine giuridico, politico e sociale i diritti di alcune persone come i migranti.
La legge sulla sicurezza, approvata il 2 luglio scorso, fa apparire il migrante come un criminale rischiando così di trasformare un complesso evento sociale, come l'immigrazione, che deve essere gestito nel rispetto della dignità della persona e dei trattati internazionali, in un fenomeno criminale e delinquenziale.
Con questa legge sono stati introdotti:
- il reato di clandestinità: come se il clandestino che entra nel nostro paese fosse a priori un criminale;
- i centri d’identificazione ed espulsione: è aumentato il periodo di permanenza fino a sei mesi;
- i clandestini non potranno più accedere ai servizi pubblici perché chi svolge la funzione di pubblico ufficiale, ha l'obbligo di denunciare chi è senza documenti: tanti non andranno a curarsi, dai medici di base o all'ospedale e tanti bambini non andranno a scuola;
- per la registrazione all'anagrafe di qualunque atto: nascita, matrimonio ecc. è necessario il permesso di soggiorno, per cui il clandestino non andrà a denunciare la nascita del figlio e avremo tanti bambini invisibili;
- il permesso di soggiorno e l'acquisizione della cittadinanza italiana saranno a pagamento (da ottanta a 100 euro).
Questo in sintesi recita la legge. Il migrante in questa legge è considerato come un cittadino di seconda e terza categoria trattato senza alcun rispetto e senza diritti.
Forse abbiamo dimenticato che all'inizio del secolo scorso, molti nostri connazionali, parlo di tutta l'Italia, sono emigrati e per lo più erano clandestini (ed anche oggi c’è) verso le Americhe o i paesi del nord Europa, in cerca di una vita più dignitosa; erano famiglie intere, giovani in cerca di un futuro; tra di loro forse qualcuno che aveva problemi con la giustizia. Non tutti erano criminali anche se clandestini e nessuno dei paesi ospitanti, penso, li abbia mai considerati tali. E la storia sembra ripetersi, con la differenza che oggi siamo noi il paese ospitante.
In questi giorni ho sentito parole di giubilo, di soddisfazione, per questa legge, come se la sua approvazione risolvesse i problemi del nostro paese, dimenticando che le parole hanno un peso molte di esse incitavano all'odio, alla violenza e al razzismo: non ho sentito parole di accoglienza, di solidarietà e di condanna per come sono trattati i migranti (vedi respingimenti) da parte di coloro che si ergono a difesa della nostra fede e delle nostre radici cristiane.
Non ho sentito da parte di tutta la chiesa italiana, di tutti i fedeli cristiani, parole chiare e forti a difesa dei diritti e della dignità degli immigrati. Non possiamo dire mettiamo al centro della nostra pastorale la persona umana, gli ultimi e poi non spendere una parola per la persona del migrante. Non siamo credibili. Non ha senso.
"Ero forestiero e mi avete accolto" dice il Signore; tutti noi cristiani siamo obbligati a osservare quello che Gesù ha detto e la sicurezza non deve essere contro l'accoglienza del migrante, contro la dignità della persona. Papa Giovanni XXIII nel Maggio 1963 ha detto "Ora più che mai, certo più che nei secoli passati, siamo intesi a servire l'uomo perché tale e non solo i cattolici, a difendere anzitutto e dovunque i diritti della persona umana e non solo quelli della Chiesa Cattolica."
Non ho visto da parte dei cattolici che sono in parlamento il voto contrario a questa legge che, di fatto, viola diversi articoli della nostra Costituzione in modo particolare il 2°, il 3° e il 32° e diversi trattati internazionali come la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e la Convenzione dei diritti dell‘infanzia. Si rischia, continuando su questo percorso, di consegnare una massa di non cittadini a organizzazioni criminali che si "occuperanno" del loro alloggio, dei loro risparmi, della loro salute, dei loro bambini, rendendo più fragile e insicuro il nostro paese. A guardare bene, il nostro paese sta diventando provinciale, chiuso in se stesso e a poco a poco ci isolerà dal resto del mondo e mentre il mondo è ormai multietnico, noi rifiutiamo gli stranieri che ci mettono a contatto con culture ed etnie diverse, dimenticando che il popolo italiano è un miscuglio di etnie e culture ed è, dalle sue origini, multietnico. Tutti noi, penso, dovremmo interrogarci sul nostro futuro, sul futuro dei nostri figli e della nostra società. Vogliamo una società aperta al dialogo, accogliente, senza pregiudizi, solidale, pacifica, rispettosa delle persone o una società, egoista, capace solo di difendere i propri privilegi, i propri averi e di alzare barriere tra sé e gli altri? A noi la scelta. Il futuro si costruisce nel presente con le scelte che siamo capaci di prendere e di attuare come persone, come cristiani e come società.
Teresa Melissari
(Giovedì, 27 agosto 2009)