Qualche sera fa ho avuto l’occasione di guardare il film “Il divo” di Paolo Sorrentino con Toni Servillo. Debbo dire che, prima della visione, ero abbastanza scettico sul fatto che si rappresentasse la storia di un persona così controversa come Giulio Andreotti la cui parabola umana non è ancora conclusa. Ma già dalle prime sequenze ho dovuto cambiare idea. Il film è bellissimo ed è interpretato magistralmente da un grandissimo Toni Servillo. Scorrono davanti agli occhi, come tanti flashback, le vicende più torbide della storia italiana recente. Dal rapimento e dall’uccisione di Aldo Moro, alla P2, agli omicidi eccellenti di mafia. In questo intreccio il filo conduttore è la presenza quasi immanente del divo Giulio con il suo attaccamento al potere, ma anche con le sue debolezze umane, i sui tic, le sue emicranie, la sua solitudine, anche la sua insopprimibile angoscia per la tragica fine di Moro. Lui ha la piena consapevolezza del ruolo che gioca nella partita del potere e il film lo immortala nelle sue battute disarmanti e nella sua ironia pugnace. Esemplare a tal riguardo è il dialogo con Eugenio Scalfari. Quando, dopo una serie di domande pressanti e insinuanti del fondatore de “La Repubblica”, il divo Giulio gli rinfaccia il suo intervento per il salvataggio del gruppo “L’Espresso”dall’acquisizione da parte di Berlusconi e Scalfari ribatte che la faccenda è molto più complessa, allora Andreotti chiude il discorso dicendo che anche le questioni che il giornalista gli ha sollevato sono molto più complesse.
Il film apre la mente sugli aspetti reconditi del potere, su quello che il volto televisivo dei potenti non ci comunica, una certa forma di cinismo dove il fine giustifica i mezzi, e quali mezzi! Proprio da questo punto di vista sono eccezionali i dialoghi del divo con il suo confessore e le sue personali considerazioni sulla necessità del male per garantire il bene, necessità di cui, secondo questa visione, anche Dio è consapevole.
A mio parere però la pellicola non esprime un giudizio sul personaggio. Lo spettatore è lasciato lì con le sue riflessioni e con la voglia immediata di rivederlo.
(Giovedì, 9 luglio 2009)