Ogni tanto è bene rallentare l’incedere, spesso routinario, delle nostre vite per riflettere sul senso dell’esistenza, per fare un bilancio su quello che siamo stati e su ciò che siamo. L’evolversi e i risultati di queste “pause di riflessione” dipendono dalla profondità alla quale siamo disposti a spingerci per scandagliarci e riscoprirci. E’ comunque un esame difficile e complesso, è un guardarsi senza premettere difese, qualche volta può essere anche molto doloroso.
Quante attese deluse, quanti programmi falliti, quante cose e scelte non fatte, quanti incontri e rapporti persi. Non credo, come molti sostengono, che un uomo per vivere debba fare a meno di piccoli e grandi rimpianti, perché fanno parte di se ed escluderli equivarrebbe ad esercitarsi in un continuo cinismo, in un andare avanti senza la possibilità e la voglia di riesaminare, capire, criticare le ragioni delle strade che abbiamo imboccato davanti ai bivi incontrati.
A un certo punto magari ti chiedi come sei capitato e cosa ci fai in questo mondo, se non sei forse solo un piccolo inutile agglomerato di cellule perso in un universo grandissimo che neanche sa di te e che prima o poi ti inghiottirà.
E qui che, quasi distrutto e smarrito in un immenso buco nero, arriva ciò che sostanzia di speranza la tua esistenza e che ti fa capire che non sei solo: la luce della fede in un Creatore che deve avere un disegno per ognuno di noi. Tu allora Gli chiedi di svelarti il Suo disegno per te, di farti aprire gli occhi, le orecchie, la mente, per vederlo, sentirlo, capirlo e la forza e il coraggio per seguirlo. In quello stesso istante tuo figlio ti schiocca un bacio sulla guancia dicendoti che ti vuole bene e un amico ti chiama al telefono per dirti che ha bisogno di te.
(Sabato, 26 luglio 2008)