Carnevale è una festa durante la quale ognuno può celare la propria identità e farsi beffe (in senso di scherzo) degli altri, una festa che riesce ancora a liberare lo spirito burlone di molte persone che provano a uscire dai “vestiti” indossati nella vita quotidiana per indossarne "altri", scatenando allegria e fantasia.
Spesso è una fuga verso un’altra maschera, altra rispetto a quella che portiamo ogni giorno per ruolo, convenienza sociale, situazioni contingenti. Quella maschera che ci impedisce di essere noi stessi, di mostrarci al mondo per quello che siamo e che copre le nostre sofferenze, le nostre solitudini, i nostri limiti, ma spesso anche le nostre gioie. Quella maschera che dissocia la nostra personalità in due, tre o anche più parti, spesso in contraddizione tra loro, pur di poter dimostrarsi vivi di fronte ad una società sempre più veloce e che lascia indietro chi non riesce a tenere il passo. Ma questa dissociazione rischia di separare anche la coscienza, di relegarla in un angolino buio, da dove la sua vocina diventa impercettibile e perciò meno fastidiosa.
Così la nostra maschera è circondata da altre maschere, tutte impegnate a recitare, a camuffarsi per non correre rischi, e la vita diventa un’enorme commedia buffa.
(Domenica, 3 febbraio 2008)