Ieri l’auditorium “Sancti Petri” del Palazzo Vescovile di Catanzaro ha ospitato Padre Enzo Bianchi, Priore della Comunità Monastica di Bose, che è intervenuto nell’ambito della conferenza “La testimonianza cristiana come via privilegiata per l’ecumenismo”. Sono state parole illuminanti, parole che interrogano e che danno senso, parole che ci hanno riportato al centro della nostra fede: Gesù.
Ci sono ancora tante cose che dividono i cristiani, non ultime le questioni relative all’etica e ai comportamenti individuali, il percorso dell’ecumenismo è difficile e pieno di insidie. Secondo Padre Enzo, è un cammino che richiede infinita pazienza e che si deve nutrire di piccoli gesti di amore, di comprensione, di accoglienza e di condivisione, ma tutti i cristiani possono e devono ritrovare la loro unità comportandosi come i raggi della bicicletta che non si rincorrono tra loro, ma tutti convergono verso il centro della ruota, appunto Gesù Cristo.
Ma cosa significa essere cristiani? La risposta che ci ha offerto il Priore di Bose può destare anche “scandalo” (ma la parola di Gesù non è a sua volta “scandalosa”?), può far storcere il naso a qualcuno, ma, se ci riflettiamo bene, nella sua radicalità, è l’unica possibile: essere cristiani non significa aderire ad una religione, significa più “semplicemente” aderire a Cristo, assumere Cristo come unico punto di riferimento della propria vita, amarLo incondizionatamente e senza alcuna riserva. Solo così la fede è autentica, altrimenti rischiamo di vivere una religione senza fede, o peggio una religione che ostacola la fede. La fede stessa, quella vera, quella realmente radicata in Gesù Cristo, preconizza anzi “l’uscita dalla religione”.
E’ stato questo il nucleo del messaggio che Padre Enzo Bianchi ha voluto lasciare ai presenti nell’auditorium dell’Arcivescovado. Il cristiano, però, nella visione di Padre Enzo, non solo deve amare Gesù e cercare di imitarlo. Nel fare ciò deve essere “differente”, capace, mediante la testimonianza della sua vita, di essere “sale della terra”. La differenza cristiana significa non giocarsi la fede “al ribasso” accontentandosi di ciò che è “normale”, ma scegliere di essere “altro” rispetto a stili di vita ormai omologati. Altrimenti, senza questa opzione, il sale perde tutto il suo “sapore”.
Su questo percorso si innesta, nella visione del Priore, l’amore verso questo tempo che il cristiano è chiamato a vivere e questa terra che il Signore gli ha donato, non ne esiste una migliore, ne una più bella. Qui e ora è interpellata la sua fede e non è coerente con il suo battesimo rifugiarsi in nostalgie dei “bei tempi” che furono, perché questi “bei tempi” non sono mai esistiti. Ogni tempo è un tempo difficile, pieno di contraddizioni, dove il male e le tentazioni sono sempre in agguato e dove il cristiano deve testimoniare con coraggio la sua fede, il suo radicamento a Cristo.
Al termine dell’incontro, è rimasta incombente la domanda di San Paolo alla comunità di Corinto che il Priore di Bose ha riformulato ai presenti: “Esaminate voi stessi per vedere se siete nella fede”. E’ un interrogativo aperto che non ci può lasciare tranquilli, ma che, al contrario, ci dona un sano senso di inquietudine.
(Giovedì, 29 ottobre 2009)