“Più carcere per tutti”. Sembra questo il nuovo slogan che fa tendenza nelle parole e nelle promesse dei politici e dei potenti di turno. Più carcere per gli immigrati, più carcere per le prostitute “di strada” e i loro clienti, ora anche più carcere per tifosi violenti. Anzi per quest’ultimi, come ha detto il presidente della Lega Calcio, Antonio Matarrese, una bella cella dovrebbero costruirla direttamente all’interno degli stadi. Se non fosse per la seriosità con la quale ha fatto la proposta e per il ruolo che ricopre, ci si potrebbe morire dal ridere per l’ironia della mirabolante e allo stesso tempo esilarante pensata.
Ma gli italiani vanno trattati come i bambini, hanno bisogno di essere rassicurati, e allora non c’è di meglio che impegnarsi davanti a tutte le tv a garantire la sicurezza assicurando alle patrie galere ogni tipo di “gaglioffo”. Se poi sull’altro canale televisivo il collega politico pontifica sull’esigenza di svuotare le carceri e sul braccialetto elettronico, non fa niente, tutto comunque si lega insieme. Si perché l’importante è l’annuncio, fa percepire al popolo che c’è chi lo protegge, colpire l’opinione pubblica promettendo soluzioni drastiche e definitive per tutti i mali.
Siamo alla politica delle pene e dei divieti, come quelli inventati da moltissimi sindaci che grazie al pacchetto sicurezza si sono sbizzarriti emanando ordinanze qualche volta anacronistiche e altre addirittura incostituzionali come quella che vieta, dopo una certa ora, gli assembramenti di più di tre persone. Alcuni giornali europei hanno messo in guardia i loro connazionali che vengono in Italia sul rischio di prendere delle multe per comportamenti assolutamente legali nei loro paesi, ma che alcuni sindaci hanno reso illegali nel "bel paese".
Ma dietro tutta questa severità e tintinnar di manette, si nasconde forse l’incapacità di progettare il futuro in positivo, di affrontare le questioni con realismo e visione lunga allo stesso tempo, per cui non restano che le soluzioni più semplicistiche e meno impegnative. Sono segni pericolosi di resa, di deriva politica e sociale. Segnano la rinuncia a costruire delle comunità fondate su un senso reale di responsabilità individuale e collettiva, a promuovere azioni in grado di mutare la cultura degli atteggiamenti andando alla radice dei problemi che, in una società complessa come la nostra, sono anch’essi complessi e devono essere affrontati in tutte le loro sfaccettature senza perdere il senso e la misura delle cose.
(Sabato, 13 settembre 2008)