Stiamo trascorrendo i nostri giorni in un clima di paura. E’ una paura globale che attanaglia le nostre vite sin dal mattino e che ci soffoca anche nel sonno. E’ una paura che non ci lascia il respiro e che televisione, radio e giornali alimentano senza soluzione di continuità e senza tanti scrupoli. E’ una paura che lascia sgomenti, modifica i nostri comportamenti e condiziona le relazioni sociali. E’ una paura che crea diffidenza per tutto ciò che non consociamo, ma ormai anche per ciò che dovremmo conoscere bene. E’ una paura che ci rende schiavi dei pregiudizi e di coloro che con la nostra paura si giocano i loro destini politici ed economici. E’ una paura che, si va bene, schieriamo l’esercito. E’ una paura che, si va bene, arrestiamo l’immigrato, anche se onesto lavoratore. E’ una paura che però non ci impedisce di sfruttarlo quello stesso immigrato nelle nostre aziende, senza sicurezza e magari anche senza paga. E’ una paura che può abbrutirci. E’ una paura che sgretola la fiducia nel futuro di una società che non riesce più a trovare punti di riferimento credibili.
E’ una paura che però si può e si deve vincere non facendoci condizionare da facili slogan, ma mantenendo capacità di discernimento, senso della misura e la voglia di guardare avanti nella consapevolezza che i problemi non si risolvono solo pensando di fare la faccia dura, ma adoperandosi per creare condizioni di giustizia sostanziale in grado di garantire il rispetto delle regole di convivenza civile con i principi di solidarietà sociale che rappresentano i pilastri della nostra costituzione democratica.
E’ una mediazione alta che richiede più fatica rispetto alle soluzioni semplicistiche che in questi giorni, sull’onda dell’emotività dell’opinione pubblica, si stanno prospettando, ma è l’unica strada che veramente può liberarci dai nostri incubi e non farci cadere nella trappola di credere di salvarci creando sopra le nostre teste bolle di cristallo destinate inevitabilmente a rompersi. Risposte diverse fanno solo il gioco di chi ha interesse a speculare sui timori di una società disorientata e forse vuole farci ripiombare indietro nel tempo.
(Venerdì, 20 giugno 2008)