Ieri sera, presso il salone “Don Bosco” della Parrocchia di Soverato, gremito di persone, si è svolto un interessante incontro sul tema “Essere credenti responsabili oggi secondo la Dottrina Sociale della Chiesa”, presieduto da Mons. Mario Toso (Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace).

Nella sua lectio magistralis, Mons. Toso, dopo aver fatto una premessa sulle funzioni del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, ha concentrato l’attenzione del suo discorso sulla necessità di lavorare per una società e per un’economia che riscoprano l’etica, che per i cristiani si riconduce a mettere al centro di tutto Gesù. Se il punto di riferimento è Cristo allora si possono ricostruire autentiche relazioni sociali, politiche ed economiche fondate sul rispetto dell’uomo e non sulla esclusiva logica del profitto. La politica deve comunque ritrovare il suo primato sull’economia e soprattutto sulla finanza speculativa artefice della crisi economica e fonte di ingiustizie e di disparità. La politica deve, quindi, governare avendo come unico obiettivo il bene comune che è quell’insieme di condizioni sociali, economiche, culturali e religiose da cui dipende il bene di ogni individuo e quindi della comunità nel suo complesso. Da qui l’accenno all’economia di comunione e di condivisione che rappresenta l’unico mezzo per superare egoismi e cannibalismi, e al valore dell’istituzione di una tassa sulle transazioni finanziarie (Tobin Tax). Qui, si innesca pure il valore della dottrina sociale della Chiesa che spesso è considerata un “tesoro che la Chiesa mantiene segreto” e invece deve rivivere, ha bisogno di essere studiata, di essere divulgata, di penetrare nelle comunità per guidare il cambiamento e favorire comportamenti più “etici”.

Al termine del suo intervento sono state poste al Mons. Toso alcune domande, le cui risposte non sono state del tutto convincenti. Per esempio, si è posto l’accento sulla necessità di una maggiore unità dei cattolici in politica, “perché altrimenti non si conta”, e su quella di ottenere maggiori finanziamenti per le scuole cattoliche. Da cattolico mi pongo in maniera critica rispetto a queste due affermazioni. Per quanto riguarda l’unità dei cattolici, personalmente non sento alcun bisogno di ritornare al partito unico dei cattolici. Il problema della rappresentanza politica dei cattolici è molto sentito, ma non si risolve ri-costruendo una nuova Democrazia Cristiana. Piuttosto servono cattolici impegnati in assoluto spirito di servizio e capaci di dare il loro contributo, secondo le loro sensibilità, nelle varie organizzazioni sociali e politiche di un Paese sempre più plurale e sempre meno ideologizzato. L'unico e fondamentale punto fermo deve essere il servizio disinteressato all’uomo e alla comunità. D’altro canto vorrei ricordare come negli ultimi anni la Chiesa abbia ottenuto numerosi "vantaggi", pur in assenza di un partito dei cattolici, grazie all’apporto dei cosiddetti “atei devoti” e alla loro adesione più formale (e propagandistica) che sostanziale ai “valori cristiani irrinunciabili”.

Per ciò che concerne il finanziamento alle scuole cattoliche, mi piace sottolineare che l’art. 33 della Costituzione Italiana stabilisce che “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole e istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”. I soldi pubblici devono finanziarie esclusivamente la scuola pubblica che è la scuola di tutti, dei cristiani come dei credenti di altre religioni, come degli atei. E’ un principio fondamentale dello stato laico che, pur garantendo la libertà di dare vita a scuole private, anche confessionali, deve assicurare a  tutti i cittadini, aldilà delle condizioni di reddito e delle opinioni religiose, il diritto all’istruzione e fare in modo che quella pubblica sia la migliore. Anche sotto quest’aspetto si gioca la responsabilità dei credenti!

(Domenica, 28 novembre 2010)

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