In questi giorni di crisi dei mercati finanziari internazionali e dell'euro, non si sono fatte attendere le "riflessioni" di chi propugna un abbandono della moneta unica europea. Evidentemente costoro non sanno di cosa parlano e non riescono, come capita spesso oggi, a guardare aldilà della propria punta dei piedi. A parte le considerazioni sulla iattura che sarebbe da un punto di vista economico la fuoriuscita dall'euro, ci sono validissime ragioni di carattere sociale e politico che esigono di difendere la moneta europea e di continuare a scommettere su di essa.
Quando è stata introdotta nel 2002 appariva a tutti noi un sogno, una tappa fondamentale del percorso che ci allontanava definitivamente da secoli di guerre fratricide tra gli stati europei che avevano portato morte e distruzione, con il culmine orribile della seconda guerra mondiale. Finalmente milioni di persone potevano sentirsi unite anche dalla possibilità di utilizzare la stessa moneta per migliaia e migliaia di chilometri senza doversi preoccupare di cambiare i loro soldi ogni volta che attraversavano la frontiera. L'euro in tasca contiene perciò, oltre al suo valore economico, un grande simbolismo rappresentato dallo sforzo comune di battere i nazionalismi a favore di un idea comune di Europa e di pace.
Oggi tutto questo è di nuovo in discussione, nuovi nazionalismi trovano spazio sulla paura alimentata da forze politiche anche di governo e ciò rappresenta una buona occasione per dirottare l'opinione pubblica verso il passato.
Certo non si può nascondere che, sopratutto in Italia, l'avvento dell'Euro ha portato problemi di riduzione del potere d'acquisto delle famiglie, ma ciò si è verificato per la mancata vigilanza degli organismi di controllo che non hanno impedito a molti di arricchirsi indebitamente raddoppiando prezzi e tariffe. Senza l'euro la situazione sarebbe stata sicuramente peggiore di quella che è. Pensiamo poi ai benefici che le famiglie hanno ricavato, per esempio, sul fronte dei mutui dai bassi tassi di interesse che la moneta unica ha potuto garantire.
Chi vuole oggi l'abbandono dell'euro lo fa sicuramente in malafede e per perseguire altri obiettivi politici. Alcuni già si schierano per un settentrione legato all'economia del nord Europa e di un meridione a quella dei paesi mediterranei. Dietro queste posizioni si nasconde l'idea di rompere i vincoli di solidarietà del paese e di abbandonare il sud al suo destino. Essere agganciati all'euro significa essere ancora legati ad una possibile prospettiva di sviluppo che certo deve essere alimentata da un cambiamento radicale del mondo di fare politica ed economia, ma che comunque non può e non deve essere spenta. L'euro è perciò una conquista da difendere con il cuore e la ragione.
(Sabato, 22 maggio 2010)