Giovedì scorso con “Il V dell’inferno” di Benigni abbiamo vissuto un’esperienza di vera grande televisione. Come utenti spettatori ci siamo riconciliati con il mezzo televisivo perché è stata data la dimostrazione che si può andare oltre i programmi spazzatura, realizzando trasmissioni di alta qualità con anche un grande ascolto.
Benigni, come al solito, è stato straordinario. Quasi tre ore di monologo, senza soste, passando dalla satira e dallo sbeffeggiamento giullaresco dei potenti a regalarci momenti di eccezionale intensità poetica ed emotiva, come solo i grandi sanno fare.
Ha commosso soprattutto la lettura finale del canto di Paolo e Francesca. Qualcosa di immenso!!!
Eppure, personalmente non ho mai amato la Divina Commedia. Certo poeticamente inarrivabile, ma non mi è mai piaciuta l’anticipazione del giudizio di Dio da parte di Dante. Anche Roberto Benigni ha spiegato, per tentare di far capire il giudizio riservato a Paolo e Francesca, che ognuno di noi sarà nell’altra vita ciò che ha scelto e si è preparato in questa terrena. E’ un sillogismo semplice, quasi naturale, ma umano e come tutto ciò che è umano fallace. Per fortuna, Dio non ragiona con le categorie umane perché, se dovesse ragionare come l’uomo, allora sarebbero veramente dolori per tutti noi.
Il Signore è il Dio della misericordia che, pur nella giustizia, va oltre la logica retributiva propria dell’uomo. Ricordiamoci della parabola degli operai che, anche se chiamati a lavorare nel corso della giornata per un numero minore di ore, sono pagati nella stessa misura degli altri che avevano lavorato di più (Matteo 20,1-16).
Dio saprà leggere nel cuore di tutti gli uomini fino all’ultimo respiro che ognuno di noi avrà, comprenderà oltre quello che siamo capaci di comprendere. E’ questa la nostra grande speranza.
(Domenica, 2 dicembre 2007)