Il Papa nuovo si è dato un nome ma non un programma e vive alla giornata ma lo fa con tale spontanea semplicità che pare Papa da sempre. Per ora è la novità della figura papale che propone a simulare un progetto se non un programma. (...). A volte si tratta di scelte di parole, a volte di gesti, o simboli. Mai — fino a oggi — ha compiuto, o anche solo indicato, scelte di governo. Tra le parole, oltre al nome Francesco, possiamo mettere «poveri», «misericordia», «bontà», «tenerezza». Le prende dal Vangelo, le isola, ne fa un frammento del programma, come ha fatto con il nome. Tra i gesti: i saluti alla porta della chiesa, l'uscita in strada, la rinuncia ad alcuni ornamenti cerimoniali, la benedizione silenziosa ai non credenti, l'annuncio — dato ieri — della Lavanda dei piedi ai carcerati. Ma non ha detto una parola né compiuto un gesto in direzione del governo della Chiesa, non ha mai nominato la Curia: questa reticenza appare strategica, forse egli vuole uno spostamento forte del ministero petrino dal governo alla predicazione. Per ora la novità supplisce al programma". (Luigi Accattoli, “Corriere della Sera” , 23 marzo 2013)
Fin qui Accattoli. Mi sembra molto bello che il programma sia la persona stessa, che indica con una serie di segni la direzione in cui sta muovendo. E certo i segni sono tanti, ed è bello saperli interpretare e prenderli come una direzione di marcia non solo per i vertici ma anche per tutta la Chiesa. Tra questi segni però, prima o poi, ce ne saranno alcuni più decisivi, che riguardano la struttura di cui egli è il vertice. Non saranno forse i più importanti, ma un buon governo li esige. Speriamo che siano in sintonia con i segni che li hanno preceduti. Ma intanto cogliamo i fiori che sta seminando nel cammino della Chiesa.