Gesù rispose: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori combatterebbero perché io non fossi dato nelle mani dei Giudei; ma ora il mio regno non è di qui» (Giovanni 18,36)
Da questo passo dell’evangelo di Giovanni possiamo ricavare due elementi molto importanti. Il primo è che il Regno di Dio non è di questo mondo, il secondo è che il Regno non si può conquistare con la violenza. Gesù è il nonviolento per antonomasia, la fede in Lui non va estorta, non va conquistata con atti violenti. Abbiamo diversi pericopi che ci lasciano questo insegnamento come “Se qualcuno non vi riceve né ascolta le vostre parole, uscendo da quella casa o da quella città, scotete la polvere dai vostri piedi.” (Mt. 10,14) e “Mandò davanti a sé dei messaggeri, i quali, partiti, entrarono in un villaggio dei Samaritani per preparargli un alloggio. Ma quelli non lo ricevettero perché era diretto verso Gerusalemme. Veduto ciò, i suoi discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che un fuoco scenda dal cielo e li consumi?» Ma egli si voltò verso di loro e li sgridò. E se ne andarono in un altro villaggio (Luca 9,52-56).
Desidero però soffermarmi brevemente sulla prima questione. il Regno di Dio non è di questo mondo perché il Regno di Dio è il superamento di questo mondo, è un Regno riconciliato con tutta la Creazione, in cui il male sarà definitivamente sconfitto, in cui tutto l’universo riscoprirà l’innocenza della primitiva Creazione, in cui non ci saranno più malattie né inimicizie, né tantomeno guerre e violenze. Il Regno di Dio sarà quello dove “Il lupo dimorerà insieme con l'agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà. La vacca e l'orsa pascoleranno insieme; si sdraieranno insieme i loro piccoli. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca dell'aspide; il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi. Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la saggezza del Signore riempirà il paese come le acque ricoprono il mare” (Isaia 11, 6-9). Il Regno di Dio sarà lo shabbat definitivo della Creazione, il luogo del riposo e del godimento del volto di Dio per l’intero Creato. Come può questo mondo, con il suo carico di violenze, di disuguaglianze, di sfruttamento, di devastazione della perfezione dell’opera creatrice di Dio, essere compatibile con il Regno di Dio? Leggendo di qua e di là alcuni interventi di dotti teologi, anche scrittori di libri di successo, mi pare che abbiano ormai abbandonato l’idea del Regno di Dio che deve venire. Per la loro “teologia” il regno è già qui e finisce pure qui, producendo un annuncio annacquato e sdolcinato che non dispiace più a nessuno, che raccoglie anche applausi e like, ma che perde il sale del Vangelo. L’annuncio comporta in sé il rischio del rifiuto, dobbiamo tenerne conto. Non possiamo dimenticarci delle promesse di Cristo, la nostra fede parte sempre dal riconoscerlo come nostro Signore e trova il suo esito nella Resurrezione: “Ma se non vi è risurrezione dei morti, neppure Cristo è stato risuscitato; e se Cristo non è stato risuscitato, vana dunque è la nostra predicazione e vana pure è la vostra fede (1 Corinzi 15, 13-14). La Resurrezione non è una metafora, ma un evento concreto che si è già realizzato nella storia e che attende anche noi. Siamo eredi di queste promesse di Cristo e aspettiamo cieli nuovi e terra nuova, ci troviamo nel già ma non ancora, la nostra fede e la nostra vita possono diventare un anticipo di quello che pregusteremo ma non potranno mai raggiungere la pienezza di ciò che godremo nel Regno. Non dobbiamo avere paura di annunciarlo, non nascondendo che la visione e il godimento del Regno saranno poi anticipate dal giudizio che sarà di misericordia ma che è pur sempre nelle mani del Signore e della Sua sovranità. Il cristiano, che si mette alla sequela di Gesù, non è ancorato stabilmente in questa vita ma rimane in attesa del Suo Regno e rimane vigile, ben consapevole che la sua Parola è scomoda agli occhi e alla mentalità di questo mondo.
(Sabato, 8 febbraio 2020)