L’importo del “tesoretto” e le modalità del suo utilizzo hanno tenuto banco negli ultimi mesi del dibattito politico. Ma quasi nessuno parla del vero “tesoretto”, la cui riconversione potrebbe realizzare grandissimi benefici al Paese. Si tratta delle spese militari che sottraggono risorse agli investimenti per la creazione di posti lavoro puliti, a quelli per avere una sanità più efficiente, un sistema scolastico migliore, pensioni più alte.
Qualcuno aveva sussurrato la proposta di ridurle con la prossima legge finanziaria, ma il ministro della difesa ha battuto i pugni sul tavolo dicendo che la contrazione dello stanziamento per le spese militari porterebbe l’Italia fuori dal sistema di sicurezza della Nato.
Forse qualcosa mi sfugge, forse sono un buontempone, ma che significa uscire dal sistema di sicurezza della Nato? Non ho mai condiviso l’equazione grande esercito = grande paese. Un grande paese è quello che assicura ai suoi cittadini il lavoro, la sanità, l’istruzione, condizioni di vita dignitose, non quello che favorisce la produzione di armi e di ordigni di morte. Tagliando la parte del bilancio dedicata alle spese militari staremmo tutti meglio.
Peccato che un ministro del centrosinistra (vabbè che le ideologie non esistono più) adotti politiche militariste e di destra.
Peccato che la Chiesa Cattolica (leggasi Vaticano) non sia così zelante, come su altri temi, a far sentire la sua voce, peccato che non condanni apertamente queste massime strutture di morte, peccato che non richiami i “politici cattolici” a impegnarsi per la riduzione delle spese militari. Peccato che non difenda anche qui il valore della vita.
(Sabato, 6 ottobre 2007)