Ogni volta che mi avvicino alla storia del cristianesimo, mi tormenta sempre la stessa domanda. Perché, a partite dal IV secolo, il messaggio di nonviolenza di Gesù rivolto addirittura all’amore per i nemici, perché i nemici, è vero, li abbiamo ma sono anche loro nostro prossimo, è stato ribaltato in un discorso di potere, di forza e di sopraffazione degli uni sugli altri?
“Io vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli uni gli altri. Come io vi ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri. Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri. (Giovanni 13,34-35).
Questo amore incondizionato che Gesù ci ha comandato è stato disatteso, calpestato, frantumato da logiche di dominio che hanno addirittura trasformato l’evangelo in uno stimolo a fare proseliti anche con la spada. Neanche i padri della chiesa si sono avveduti della trappola in cui sono caduti e mentre parlavano di amore e ripetevano i messaggi di fratellanza e carità, allo stesso tempo pretendevano che la loro visione diventasse esclusiva. Così il cristianesimo che ha vinto è diventata una religione imperiale patriarcale, e da religione perseguitata si è trasformata in religione che perseguita, Abbiamo avuto così anche i papi guerrieri. Ma anche i grandi riformatori del XVI secolo non si sono sottratti a questa perversa logica, Zwingli è addirittura morto in battaglia. La contraddizione tra ciò che si proclamava e ciò che si faceva è stata lacerante e ha provocato dolore, crisi violente e guerre.
Quando però poni questi interrogativi rischi di fare la figura dell’ingenuo perché ti risponderanno che bisogna considerare il contesto. Certo per inquadrare i fatti della storia è sempre necessario tenere presente il contesto, ma al tempo di Gesù il contesto non era molto diverso da quello di altri tempi, anzi. C’erano gruppi religiosi in contrasto tra loro, c’era l’impero romano che faceva della violenza un mezzo ordinario per “stabilizzare” le conquiste, aldilà di un’apparente tolleranza. Gesù stesso è morto come il più infimo dei criminali, vittima di sevizie e di cieca violenza. Allora, Gesù è stato un pazzo visionario? Se lo pensiamo, possiamo anche dirlo. Possiamo arrivare al punto di considerare il messaggio di Gesù come qualcosa che non è praticabile nel mondo, e sostenere che senza la forza delle armi e la violenza non sarebbe stato possibile convertire le masse in ogni dove e mantenere una coerenza dogmatica nelle rispettive confessioni. Ma allora diciamo pure che se l’amore di Dio e del prossimo sono i comandamenti più importanti che Gesù ci ha lasciato, nessuno che non li avesse rispettati nella pratica (non solo nelle enunciazioni formali) avrebbe potuto parlare in Suo nome.
Certo, ora le cose sono migliorate, ma ancora il nome di Gesù e la Sua croce sono strumentalizzati per i propri fini politici e religiosi, per escludere, per erigere muri, per tirare via i ponti, per far naufragare in mare migliaia di persone. Si espone la croce non per associarsi alla vicenda umana di Gesù e a tutta l'umanità dolente, ma per rivendicare la propria supremazia su altri esseri umani. E’ uno stravolgimento continuo dell’evangelo, ma l’evangelo, come tutte le scritture ebraiche, ci insegnano che l’Onnipotente cambia l’ordine del mondo ed è sempre schierato dalla parte degli umili e di chi soffre, perché ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili, ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote (Luca 1,46-55).
(Domenica, 19 dicembre 2021)