Poi Giobbe morì, vecchio e sazio di giorni (Giobbe 42,17).
Mi ha sempre affascinato questa conclusione del libro di Giobbe. Dopo i dolori e gli strazi subiti, le beffe degli amici e la forza di non rassegnarsi alla sua già assunta “colpevolezza”, il dialogo con Dio che alla fine “premia” la sua ribellione e condanna il “moralismo” di Elifaz, Bildad, Zofar e Eliu, Giobbe è reintegrato nella pienezza della dignità della sua persona e possiamo dire che muore “felice e contento”.
La formula “vecchio e sazio di giorni” la ritroviamo anche alla fine delle storie di Abramo (Genesi 25,8) e di Isacco (Genesi 35,29). Ciò probabilmente vuol dire che è significativa nel racconto che ci viene proposto, vuole suggerirci qualcosa, non è neutra. La vecchiaia e la sazietà dei giorni non sono limitate all’aspetto cronologico e materiale, ma vanno estese per ricomprenderle in un significato più ampio. E’ la pienezza della vita, la certezza di avere vissuto una vita bella e gradita al Signore. Una vita non spezzata dalle inevitabili difficoltà e sofferenze che presenta, ma proiettata sempre e comunque verso il bene. Anche i dubbi e i possibili momenti di incredulità non recidono il legame con il Signore che rimane sempre vivo e operante. Proprio grazie a questo legame si può vivere nella grazia e nella certezza che Dio sempre ci ama. In questo senso la vita può essere anche molto breve, com’è stata quella di Gesù, ma la luce del Signore la illumina, la trascende, la rende viva e vivificante non solo per sé ma anche per gli altri. Solo il legame intimo con il Signore ci consente di fare il salto di qualità, perché proprio di un salto di qualità si tratta. Se riusciamo a tenere accesa nel nostro cuore la fiammella dell’amore verso Dio e verso il prossimo non possiamo avere più alcuna paura e non avere paura ci consente di vivere nella piena dignità di uomini e di donne liberati e liberate. E’ questo il grande salto, ciò che fa la differenza. Allora si, potremo dire che, come Abramo, Isacco e Giobbe, moriremo vecchi e sazi di giorni e nella certezza di avere vissuto veramente, di non avere sprecato la nostra esistenza.
(Sabato, 6 marzo 2021)