Tra Riace e Camini, l'altro ieri, con alcuni amici ci siamo incamminati lungo un percorso del cuore, abbiamo coltivato l'amicizia e la solidarietà non solo verso Mimmo Lucano ma nei confronti di un'umanità dolente che, comunque, continua a perseverare nella speranza come una risorsa cui rimanere "aggrappata" anche quando tutto il resto sembra crollare. Abbiamo incontrato persone, incrociato sguardi, stretto mani e scambiato abbracci, segno di un'umanità che non può e non deve avere confini. Nel cammino siamo stati colpiti dagli occhi buoni Mohammed, un bambino siriano di 11 anni. Gli chiedo da dove viene, mi risponde da Idlib, Siria, proprio una delle città da qualche giorno sotto pesanti bombardamenti. Aggiunge sono "avvocato" e poi "qui niente è sicuro: ogni giorno ci possono mandare via, si può vivere come morire". E' così che ti corrono i brividi lungo la schiena, perché quel dire: "sono un avvocato" è il grido di un bimbo in cerca di giustizia per un'infanzia che gli è stata negata, e "si può vivere e morire ogni giorno" non sono parole normali sulla bocca di un bambino di quell'età: a undici anni non si può pensare alla morte, si vive e basta.
Ora chiedo a tutti coloro che negli ultimi mesi si sono scagliati con rabbia, con violenza, verbale e non solo, contro i migranti dando fondo al peggio di loro stessi sull'onda di "pifferai magici e tragici" che "suonano" musiche tetre di paura e di inimicizia: che male vi ha fatto Mohammed, cos'è che vi ha incattiviti, o forse lo eravate già e lo avete solo tirato fuori, perchè scaricate sui più deboli le vostre personali frustrazioni?
Però, potete sempre cambiare idea, potete "convertirivi", basta ascoltare le storie, basta abbracciare i fratelli e le sorelle, basta andare a Riace.
(Giovedì, 6 settembre 2018)