(Chiesa Evangelica Valdese di Catanzaro, domenica 19 febbraio 2023)
Il testo per la predicazione che ci propone il lezionario “Un giorno, una Parola” per questa domenica “Esto Mihi” (Sii per me una forte rocca! - Salmo 31,2) è tratta dalla prima epistola di Paolo ai Corinzi, capitolo 13, versetti da 1 a 13.
Care sorelle, cari fratelli,
abbiamo oggi di fronte una delle più belle composizioni di Paolo, l’inno alla carità, meglio all’amore. In questi versetti è racchiuso tutto il senso del cristianesimo.
Vorrei fare però subito un inciso, che ci può dare anche il senso di quello che diremo nel corso di questa riflessione.
Siamo ancora nella settimana che ci ricorda un evento straordinario della nostra storia. Il 17 febbraio del 1848 Re Carlo Alberto concedeva a noi valdesi, con le cosiddette “lettere patenti”, le libertà civili e politiche. Dopo circa un mese le stesse libertà furono concesse ad un’altra minoranza: gli ebrei. Non fu però ancora libertà religiosa.
La situazione odierna non è certo paragonabile a quella della metà dell’800. Certamente godiamo della possibilità di professare liberamente il nostro culto, di esercitare i nostri diritti anche religiosi, ma enormi passi avanti andrebbero fatti per realizzare la piena libertà religiosa tra tutte le fedi. Come sappiamo in Italia c’è una forte sperequazione a favore di una determinata confessione religiosa, pensiamo (solo per fare un esempio) al campo della pubblica istruzione, e solo una equilibrata legge sulla libertà religiosa, pienamente rispettosa dei principi sanciti nella nostra Costituzione Repubblicana, potrebbe sanare i privilegi e garantire finalmente una condizione di reale e sostanziale parità.
Proprio queste considerazioni ci consentono di trovare l’aggancio con il brano della prima lettera ai Corinzi che abbiamo appena letto: “l’amore è (voce del verbo essere) libertà” e “la libertà è (sempre voce del verbo essere) amore”. Potremmo anche dire che non c’è libertà senza amore e che non c’è amore senza libertà.
Scorrendo il testo di Paolo il legame è evidente, se si guarda alle qualità dell’amore elencate dall’apostolo non c’è dubbio che sono le stesse che riguardano la libertà.
L’amore ci rende liberi e la libertà ci consente di amare senza alcuna costrizione.
Paolo, poi, ci offre una chiave eccezionale per comprendere questo legame profondo tra amore e libertà. La troviamo al capitolo 3 del versetto 17 della seconda Corinzi: “Ora il Signore è lo Spirito; e dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà”.
Spirito del Signore, amore, libertà hanno uno svolgimento circolare: c’è lo Spirito del Signore, poi ci sono l’amore e la libertà e tutte e tre insieme ci conducono, se li accogliamo, in una dimensione sublime, che è quella della perfezione donataci da Cristo con la sua venuta sulla terra, la sua morte e la sua resurrezione, nel suo amore senza limiti.
Mia mamma spesso mi ripete che mio nonno quando aveva di fronte dei problemi quasi insolubili esclamava: “ci vorrebbe la mente di Paolo”.
Ecco la mente di Paolo ha davvero fatto il suo grande lavoro, ma anche la sua mente non era qualcosa che vagava per i fatti suoi, perché era a sua volta ancorata allo Spirito del Signore.
Tutto, quindi, parte dallo Spirito che ci ha lasciato Gesù Cristo. E’ lo Spirito il motore di ogni bene, è Lui che ci guida lungo la strada dell’amore e della libertà.
Tornando al nostro testo, potremmo suddividere le parole di Paolo in cinque parti per poi arrivare alla conclusione.
Nella prima parte (versetti da 1 a 3) l’apostolo ci spoglia di tutte le nostre presunzioni, annulla tutto ciò che potrebbe essere il nostro vanto: parlare più lingue, il dono delle profezie e della scienza, persino la fede, il nostro stesso donarsi attraverso le elemosine e il sacrifico del nostro corpo, sono niente di fronte all’amore.
E’ spontaneo chiederci: ma cos’è questo amore totalizzante che supera tutto, che batte addirittura la fede e il dono di se stessi, ma, forse meglio, potremmo chiederci chi è questo amore?
La risposta non può essere altra che questo amore è Gesù: Lui liberamente si è offerto per noi ai suoi carnefici con un atto volontario e coerente ai suoi gesti e alla sua predicazione. Gesù è l’amore che sublima tutto il resto, che travolge ogni umana comprensione, che travalica ogni possibile opera che possiamo compiere nella nostra vita. Niente è paragonabile a questa bellezza, a questa profondità.
Gesù, però, è questo amore perché era un uomo libero, un uomo che è stato coerente nella sua dedizione verso il Padre suo e verso gli uomini dall’inizio della sua missione sino alla fine, dal primo giorno all’ultimo. E’ sulla sua libertà che Gesù ha fondato l’amore di cui parla Paolo. Se Gesù fosse stato costretto, se non avesse avuto scelta, questo amore non si sarebbe potuto manifestare. Esercitando la sua libertà si è volontariamente abbandonato ad una morte ignominiosa.
Siamo al momento della cattura nel giardino dello Getsemani: "Ed ecco, uno di quelli che erano con lui, stesa la mano, prese la spada, la sfoderò e, colpito il servo del sommo sacerdote, gli recise l'orecchio. 52 Allora Gesù gli disse: «Riponi la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, periranno di spada. 53 Credi forse che io non potrei pregare il Padre mio che mi manderebbe in questo istante più di dodici legioni d’angeli?” (Matteo 26, 51-53).
Tutta la vita e la testimonianza di Gesù sono state libere, non si sono mai piegate ai conformismi, alle facili scappatoie. Le sue relazioni sono state libere con chiunque incontrava, con i peccatori, i pubblicani, le donne, le prostitute, i samaritani. Con la sua libertà si è opposto ad ogni sterile legalismo, per andare incontro solo a ciò che recava misericordia, perdono, riconciliazione, in una parola alla vita. Questa libertà l’ha vissuta come Figlio di Dio e l’ha offerta a tutte e tutti coloro che credono in lui perché fossero anche loro libere e liberi. Per essere fedeli a Cristo dobbiamo assumerla come nostra questa libertà.
Purtroppo, nel corso della storia del cristianesimo questa libertà ci è stata conculcata, ne siamo stati privati, però ci sono stati credenti, nostre sorelle e nostri fratelli, che, pur tra grandi sofferenze, si sono comportati da donne e uomini libere e liberi ed è grazie a loro che oggi siamo qui a proclamare questa Parola.
Nella seconda parte in cui abbiamo suddiviso il testo, nei versetti da 4 a 8, Paolo ci spiega quali sono le caratteristiche dell’amore sia in negativo che in positivo. Sono gli attributi dell’amore che si proietta oltre ogni convenienza umana, oltre ogni speculazione, ogni oltre invidia e oltre ogni vanto, oltre ogni tentazione di godere del male dell’altro o dell’altra, di approfittarne per i propri interessi egoistici. L’amore è invece benevolo, gioisce nella verità, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa. Se l’amore non fosse così, sarebbe solo ipocrisia, si nutrirebbe di falsità.
Anche in questo passaggio non possiamo che trovarci davanti la persona di Gesù. Solo lui è questo amore perfetto, che non ha remore nel donarsi, che si da interamente senza alcuna pretesa per se. Tutta l’esistenza di Gesù è fondata su questo amore sconfinato che ci fa venire le vertigini, tanto da portare a chiederci: ma come posso fare io a raggiungere questa pienezza? E’ impossibile. Si, se guardiamo le nostre miserie, se esaminiamo davvero il nostro cuore è davvero impossibile. Come faccio io, così invidioso, così gonfio di vanto e di orgoglio, così attaccato ai miei interessi, così pronto a giudicare e a godere del male degli altri, così poco paziente, a generare un amore così grande?
Noi lo proclamiamo questo amore con troppa leggerezza, forse anche oggi, indegnamente. Dobbiamo maneggiarlo con cura, con tremore e timore, perché questo amore è descritto con parole radicali che non saremmo mai davvero capaci di portare per intero dentro noi stessi, li dove abitano i nostri sentimenti.
E, allora, che fare?
La risposta è sempre in Gesù. Nell’episodio del cosiddetto “giovane ricco”, peraltro narrato in tutti e tre i vangeli sinottici, leggiamo ciò che ci dice Gesù nella versione di Marco 10,26-27 “Ed essi sempre più stupiti dicevano tra di loro: «Chi dunque può essere salvato?» 27 Gesù fissò lo sguardo su di loro e disse: «Agli uomini è impossibile, ma non a Dio; perché ogni cosa è possibile a Dio».
Si, ogni cosa è possibile a Dio, ogni cosa è possibile a Gesù, il Figlio di Dio. Dove allora non riusciamo ad arrivare con le nostre forze lì c’è Lui. Possiamo confidare in questo amore assoluto, stringendoci a Lui in un abbraccio totale. Lui saprà darci ciò che ci manca, perché Gesù è stato ed è amore benevolo, senza invidia, senza vanto, senza sconvenienze, amore disinteressato, senza asprezza, senza giudizio e senza ingiustizia, amore che ha sofferto, che ha sperato, che ha sopportato ogni cosa.
E’ stato un amore che ha gioito nella verità e questa verità gli proveniva dalla sua assoluta libertà.
Ed è proprio in questi versetti che troviamo il legame più fecondo tra amore e libertà. La libertà ha le stesse caratteristiche che Paolo descrive per l’amore. Infatti la libertà, nella verità, non può che essere benevola perché vuole la libertà anche dell’altro e dell’altra, è senza vanto perché la libertà è come il respiro e nessuno può vantarsi di respirare, non invidia la libertà dell’altra e dell’altro, è senza interesse perché basta a se stessa, senza asprezza perché la libertà ha il cuore aperto e generoso, non gode per l’ingiustizia, anzi lotta contro ogni ingiustizia, la libertà soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa perché la natura della libertà è dinamica, sempre protesa verso il bene e il bello, ma in grado di sopportare tutto perché non si conquista una volta per tutte ma richiede talvolta sofferenza e lotta per mantenerla.
Gesù è dunque l’uomo nuovo, il prototipo dell’amore e della libertà perfette, che ha vissuto senza condizionamenti, senza pregiudizi, ma accogliendo tutte e tutti senza alcuna riserva.
Le nostre sorelle e i nostri fratelli valdesi, che ci hanno preceduto, hanno saputo incarnare questa idea della libertà per viverla nell’amore, nella sofferenza, nel sacrificio di se stessi e di se stesse e dobbiamo sentirci eternamente grate e grati verso di loro.
L’amore non verrà mai meno. Siamo nella terza parte. I versetti da 8 a 10 ci descrivono proprio la perfezione dell’amore. Tutto ciò che è parziale, che è provvisorio è destinato ad essere abolito. Le profezie, le lingue, la conoscenza spariranno, ma la perfezione dell’amore no, perché è destinata a durare per sempre. E questa perfezione è Gesù. Alla sua perfezione, alla sua persona, siamo chiamati a conformarci. Noi da soli non ce la facciamo, siamo barchette in mezzo al mare nella tempesta, come quella degli apostoli sul lago di Galilea che si misero paura perché pensarono che Gesù dormisse, perché furono increduli. Cosa fecero allora?Chiamarono Gesù. Quegli apostoli siamo proprio noi, talvolta increduli e paurosi di affogare, bisognosi di guardare a Lui, alla sua perfezione per non essere schiacciati dai pesi della vita. Ma questo non basta, perché lo sguardo rivolto a Gesù ci aiuta non solo a non avere paura della tempesta, ma a vivere nel mondo provando ad essere felici e a rendere felici anche le altre e gli altri. La sua perfezione è felicità vera, perché ci libera da ogni nostro fardello, perché ci consente di guardare con fiducia al futuro e al prossimo, perché ci apre squarci di orizzonte sconosciuti. Questi squarci sono brecce, feritoie nelle quali Gesù ci invita ad entrare per gustare la pienezza della vita.
Si, magari, sono passaggi per la porta stretta, ma credere non è mai stata una passeggiata, amare, essere liberi non sono mai state cose semplici. Richiedono perseveranza e soprattutto fiducia in colui che ci indica proprio quella porta stretta che magari abbiamo timore di attraversare perché non siamo sicuri e sicure di cosa troveremo oltre. Però dobbiamo rischiare, dobbiamo fidarci, non abbiamo altre vie, o meglio le avremmo, strade più comode, scorciatoie, vite più facili, ma senza Gesù che uomini, che donne saremmo?
“C’è una via che all’uomo sembra dritta, ma finisce con il condurre alla morte”, così recita il Libro dei Proverbi al capitolo 16, versetto 25.
La strada perfetta, quella di Gesù, non è forse la più comoda, ma è certamente la più sicura.
Nel versetto 11, con il quale entriamo nella quarta parte, Paolo scrive una cosa strana, in pratica ci dice di assumere una postura non più da bambino ma da persona adulta. Ma come? Gesù non ci aveva detto che solo facendoci bambini potremo entrare nel Suo Regno?
L’apostolo contraddice l’insegnamento del Maestro, o il suo è un concetto diverso?
Gesù nell’invitarci a farci come bambini ci voleva dire di assumere l’innocenza, la stessa libertà dei bambini, la loro freschezza e gioia di vivere. Qui probabilmente Paolo ci vuole dire un’altra cosa.
I bambini sono spinti dall’entusiasmo, dalla frenesia di conoscere, di passare da un’esperienza all’altra, sono pieni di domande a cui gli adulti non sempre riescono a rispondere.
“I bambini non vivono nel tempo, ma nell’eternità”, così scrive la scrittrice russa Julia Yakovleva.
Paolo, però, in questo versetto prende coscienza che ci sono dei passaggi nelle nostre vite, che non si resta sempre uguali, che come il nostro corpo cambia e cresce anche i nostri pensieri, i nostri ragionamenti cambiano e crescono. Paolo si riferisce proprio a questa crescita nella fede e nella comprensione dell’amore.
Non dobbiamo mai smettere di avere il cuore libero e privo di pregiudizi e di riserve come lo sono i bambini, siamo chiamati a continuare a vivere nell’eternità, ma il nostro amore è chiamato a maturare, ad essere più consapevole, per non essere persone che vengono sbattute di qua e di là come fuscelli al vento, per non essere case costruite sulla sabbia, ma ben piantate sulla roccia.
Innocenti e puri come bambini, ma radicati da adulti nell’amore. Potremmo anche replicare il detto di Gesù:
“Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe (Matteo 10,16).
Perché l’amore, come la libertà, hanno il loro prezzo da scontare, non sono sentieri sempre spianati, anzi chi ama e chi vive nella libertà incontra spesso incomprensioni, ostacoli, talvolta persecuzioni. Per questo deve essere ben radicato nell’amore perfetto e cioè in Gesù.
Siamo alla quinta parte e ci avviamo alla conclusione. Nel versetto 12 Paolo descrive la nostra visione come non chiara, addirittura oscura. La paragona alla visione in uno specchio. Dobbiamo considerare che ai tempi di Paolo gli specchi erano superfici metalliche lucidate e riflettevano in modo approssimativo e deformato la realtà. Il paragone di Paolo è quindi adeguato e preciso. Per noi, che abbiamo degli specchi che riflettono perfettamente i nostri visi, potrebbe essere più difficile comprendere. Ma la similitudine di Paolo resta ancora valida, perché va oltre il riflesso dei nostri corpi in uno specchio, non sottace quella che è la nostra realtà umana, quella del mondo in cui viviamo ogni giorno. Siamo in una realtà ancora parziale, destinata anch’essa a scomparire. Ora non comprendiamo tutto, la nostra visione è opaca perché ci manca la parte fondamentale, quella che guadagneremo quando la dimensione del Regno sarà completa. Solo allora, faccia a faccia con il nostro Signore, la nostra visione si schiarirà e ci farà comprendere tutto. Solo allora la nostra conoscenza sarà perfetta perché incontreremo la perfezione: Gesù.
Poi Paolo aggiunge una considerazione importante: “come anche sono stato perfettamente conosciuto”. Il Signore ci conosce perfettamente da sempre. Sa chi siamo, sa delle nostre debolezze, sa che abbiamo bisogno del suo aiuto, sa pure che, nonostante tutto, quando arriverà il momento del faccia a faccia con Lui, ci accoglierà nella Sua misericordia.
Qui sono racchiuse la nostra fede, la nostra speranza, il nostro amore. Come dice Paolo, a conclusione del nostro testo, solo queste tre cose durano perché tutto passa di questo mondo, tutto è destinato a svanire prima o poi, ma se conserviamo la fede, la speranza, l’amore, ci saremo posti alla sequela dell’amore perfetto che è Gesù Cristo.
L’amore poi, per le cose che abbiamo detto prima, è più grande della fede e della speranza perché le comprende e ci aiuta a comprenderle sempre di più.
L’amore vissuto nella libertà delle figlie e delle figlie di Dio, è l’esperienza più bella alla quale il Signore stesso può aprire i nostri cuori. Amen.