Proprio nei giorni della vista di Benedetto XVI negli Stati Uniti, la Corte Suprema ha dichiarato conforme all’ottavo emendamento della Costituzione degli stessi Stati Uniti la pena di morte eseguita per mezzo dell’iniezione letale. L’ottavo emendamento vieta il ricorso a punizioni crudeli e inusitate. Ora già la condanna a morte di una persona è sicuramente una punizione crudele e una barbarie, ma l’iniezione letale aumenta la sofferenza del condannato che viene ucciso con un cocktail di veleni subendo dolori fortissimi e soffocando in maniera cosciente, senza neppure essere in grado di urlare. Insomma una crudeltà nella crudeltà. La Corte Suprema è dominata da giudici cattolici e mi viene da pensare come ormai per molti dichiararsi cattolici è come attaccarsi un medaglione sul petto, dichiarare un’appartenenza svuotata di valori. O meglio alcuni valori ci si dichiara difensori a convenienza e a corrente alternata. La difesa della vita è uno di questi valori, ma dipende sempre da quali vite. Secondo questi campioni del cattolicesimo la vita di un condannato non vale niente, è qualcosa che si può perdere senza tanti complimenti, lasciandola stramazzare legata al lettino del boia. Il quinto comandamento ci dice di non uccidere e qualcuno più di duemila anni fa ci ha insegnato che la vita, ogni vita, anche quella del peggiore criminale, non appartiene all’uomo e nessun uomo ha il diritto di sopprimerla.
Sarebbe di molto aiuto se i padri della Chiesa Cattolica avessero il coraggio di dire una parola chiara in proposito, schierandosi definitivamente contro la pena capitale ed eliminando dal Catechismo ogni sua possibile giustificazione.
(Sabato 19 aprile 2008)