In questo tempo “cattivo”, nel quale il male di un terribile virus circonda le nostre vite, riceviamo nei nostri social, nei servizi di messaggistica, ma anche leggiamo qui e là, su pagine nel web, decine e decine di messaggi “filosofeggianti” sul virus che ci vuole dire qualcosa, che ci vuole comunicare che noi umani l’abbiamo fatta grossa, che (ne ho ricevuto uno pochi minuti fa) in fondo la natura può fare a meno di noi. Mi sembrano davvero riflessioni fuori posto e a buon mercato. Riflessioni che sembrano uscire da persone che vivono questi momenti di angoscia fuori dal mondo e che fanno esibizione di una speculazione intellettuale algida, nella speranza di restare vivi e poi in fondo continuare a fare quello che si è sempre fatto. Davanti alla sofferenza, alla morte di migliaia di persone in tutto il mondo, come dice la lettura sapienziale di Ecclesiaste 3,4, questo è il tempo del pianto, è il tempo del cordoglio. Il credente in Cristo Gesù, non si può esiliare da questo tempo senza piangere per la sofferenza dei suoi simili. Gesù si è piegato sul dolore delle persone che ha incontrato, ha pianto, si è commosso sino alle sue viscere, ha conosciuto la tristezza e l’incomprensione dell’abbandono. Non è il momento di fare filosofia, questo è il momento in cui dobbiamo stringerci intorno all’umanità sofferente, provare empatia per chi è nella malattia e per chi combatte contro di essa. L’uomo fa parte della creazione, non è qualcosa di estraneo. Il Signore ha formato l’uomo come la più grande meraviglia della sua “fantasia” creatrice. E allora pieghiamoci su questo uomo ferito, non concentriamo la nostra attenzione sulle sue colpe ma preghiamo il Signore per la sua guarigione fisica e, certo, anche morale. Non rimaniamo gelidi e presuntuosi davanti a migliaia di persone che sono consumate nelle loro vite e nei loro affetti, abbiamo il coraggio di riconoscere che questo è proprio un tempo di lamento e di pianto. I Salmi poi ci insegnano che lamentarsi e piangere sono espressioni nella fede in un Dio che non rimane gelido di fronte alle nostre sofferenze. Il nostro pianto e il nostro lamento trovano in Dio un compagno di strada, e anche noi non nascondiamoci in falsi moralismi e superiorità di facciata.
(Domenica, 5 aprile 2020)