I giovani (e non solo) calabresi si ribellano alla ndrangheta. Come? Andandosene! E' una rivoluzione "silenziosa" ma ineluttabile, come certificato nel rapporto Svimez 2018. Se continua così, tra qualche anno la Calabria sarà desertificata. E, provocatoriamente, dico meno male. Nella vita di tutti i giorni se il Trentino ha un indice 100, la Calabria ha 39. E hai voglia a postare foto bellissime della nostra terra, ciò che conta è la qualità della vita che da noi è davvero bassa. Perché da noi, per esempio, se sei povero non puoi curarti, se non lo sei e ti ammali devi partire e impoverisci tu e la tua famiglia, perché da noi ti capita di sentire che si, in fondo, i trafficanti di droga sono persone intelligenti perché sfruttano gli "stupidi tossici" e che il piccolo Giuseppe Di Matteo è stato trucidato per "colpa del padre". Senti queste cose e allora ti viene voglia di fuggire pure tu, capisci che forse c'è poco da fare, che è una società malata dove la criminalità organizzata ha un'influenza e un consenso sociale grandissimi. Se non si prende atto di ciò, non si può invertire la tendenza, perché una società dominata "culturalmente" dalla ndrangheta è una società che si autopriva delle libertà fondamentali. Tutto ruota intorno a questo tappo, a questa malattia sociale, che ha otturato il passato, oscura il presente e pregiudica il futuro. Giovanni Falcone, in un libro-intervista con Michele Padovani, lo aveva detto: “La tendenza del mondo occidentale, europeo in particolare, è quella di esorcizzare il male proiettandolo su etnie e su comportamenti che ci appaiono diversi dal nostri. Ma se vogliamo combattere efficacemente la mafia, non dobbiamo trasformarla in un mostro né pensare che sia una piovra o un cancro. Dobbiamo riconoscere che ci rassomiglia.[...] La mafia, lo ripeto ancora una volta, non è un cancro proliferato per caso su un tessuto sano. Vive in perfetta simbiosi con la miriade di protettori, complici informatori, debitori di ogni tipo, grandi e piccoli maestri cantori, gente intimidita o ricattata che appartiene a tutti gli strati della società. Questo è il terreno di coltura di Cosa Nostra con tutto quello che comporta di implicazioni dirette o indirette, consapevoli o no, volontarie o obbligate, che spesso godono del consenso della popolazione”.
(Giovedì, 2 agosto 2018)